mercoledì 4 gennaio 2012

Tra i lettori votanti!

Eccoci qui a comunicare in nome della lettrice votante che riceverà in omaggio da Tuttosuilibri.com un libro!
Hanno votato in molti, ma pochi hanno seguito le regole, lasciandoci nome e email... peccato!
La vincitrice è Elisa!
COMPLIMENTI!
A seconda del genere preferito, avrà in omaggio un libro di recente pubblicazione!
Per i più curiosi, vi sapremo dire il titolo scelto con un commento a questo post!
A presto con altre iniziative!

La vincitrice!

Suono di trombe, rullo di tamburi... ed ecco a voi la vincitrice: 
Giulia Ambrosini!
Complimenti a questa giovane promessa!

Come già accennato, in palio c'era il romanzo: "Un diamante da Tiffany" di Karen Swan e i gadget relativi.

Grazie a tutti quelli che hanno votato! 
Come promesso anche uno di voi lettori votanti vincerà un libro. Comunicheremo presto il vincitore!

venerdì 16 dicembre 2011

LEGGILI, CONDIVIDILI E VOTALI! Parteciparai all'estrazione che ti potrebbe far vincere un libro!

In questo giorni vi abbiamo proposto i migliori racconti-lettera del nostro piccolo concorso "Caro Amore Ti Scrivo". Ora tocca a voi! 
Dopo averli letti e aver condiviso il post con i vostri amici, VOTATELI! 
Dovrete lasciare anche un commento qui sotto scrivendo la vostra email e il racconto scelto, così sapremo chi siete e come trovarvi nel caso siate proprio voi a vincere il libro in palio.
Ok, si comincia! Avete tempo fino alle 23.59 del 31 dicembre 2011!

domenica 11 dicembre 2011

Caro amore ti scrivo...

Alla ricerca del perduto coraggio ©
di Libera Schiano Lomoriello

Carissima Giordana,
sono il solito vuoto a perdere, lo sai, che non trova il coraggio di parlarti a cuore aperto. E allora … ecco, ti scrivo. Così potrò dirti tutto ciò che provo e soprattutto dirlo a me stesso, senza il tuo sorriso che mi perdona.
Ma come fai a essere amica di uno sciagurato come me?
Non c’è un’altra, non c’è mai stata, so che lo sai, ma ho bisogno di dirtelo.
È solo la mia immaturità a impedire che i miei sentimenti siano onorevoli.
No tesoro, lasciamelo dire e non scuotere la testa, ho approfittato troppe volte della tua dolce amicizia per non esserne consapevole: non ti ho mai detto ti amo perché probabilmente non so amare neppure me stesso.
Quando cinque anni fa mi hai dato la notizia più bella che un uomo possa mai attendere, non ho saputo apprezzarla e sono scappato, ma questa settimana vissuta insieme mi ha rivelato davvero tutto ciò che mi ero perso. Più di tutti i week-end, i viaggi e le vacanze fatte insieme.
Vivere come una famiglia mi ha dimostrato che lo siamo, anche se l’ho sempre negato, fedeltà sentimentale e sessuale compresa. Me tapino quanto sono stupido!
Svegliarmi con un raggio di sole che illuminava i riccioli biondi tuoi e di Giorgio è stato tanto emozionante che una lacrima solleticava le mie ciglia. Se nostro figlio non avesse scelto proprio quell’attimo per scalciare e farmi piangere dal dolore, mi sarei commosso.
So che ami il mio spirito scanzonato, che ti faccio ridere e divertire, ma sei tu la luce che illumina i colori dei miei pensieri.
Da quando è iniziata, questa settimana speciale, ho deciso di chiudere le mie solite fisime in un cassetto, che non avrei riaperto fino alla fine. Volevo godermi ogni attimo senza pregiudizi, assaporando la gioia di imparare a conoscervi, come voi dimostrate di comprendere me, da sempre.
Come ben sai però, io non sono capace di vivere senza pensare, analizzare e cercare risposte. A volte anche senza le domande. Figurati in questo caso, quando ogni gesto, ogni sensazione è un nuovo dubbio per me.
Lasciandomi guidare dalle sensazioni, non pensando a responsabilità e vincoli, mi sono accorto che mi piaceva addormentarmi accanto al tuo sorriso. Svegliarmi al suono squillante delle risate di Giorgio. Fare colazione insieme, rilassati, senza preoccuparmi di lasciarvi avvicinare troppo.
E così ho imparato tante cose che ignoravo: che ti piacciono i cornetti miele e cereali, mentre Giorgio ama quelli alla crema e non al cioccolato come tutti i bimbi; che ridere insieme di fronte a una marachella del piccolo illumina il tuo sguardo più di un orgasmo simultaneo; che l’amore non è perdere la propria libertà, ma arricchirsi di mille nuove sensazioni condivise.
Non riuscire a leggere il tuo sguardo mi ha sempre fatto infuriare, convinto che tu cercassi ogni volta un modo per raggirarmi e “convertirmi” al matrimonio. In fondo quest’amicizia velata di passione mi ha sempre soddisfatto da ogni punto di vista, modificarla per me era come perderla.
Invece ora so che ho perso tantissimo, tutte le notti lontane da te, le sere senza i rassicuranti silenzi sul divano, i pomeriggi scevri delle scorribande di Giorgio al parco, i pranzi poveri di calore umano, i risvegli assonnati orfani del tuo sorriso e dei suoi abbracci.
Consapevole che tu sai leggermi dentro molto meglio di quanto riesca io stesso, avrei voluto parlarti di queste sensazioni, per farmi spiegare da te cosa significano e che scelte mi restano per poter essere felice.
Sono entrato e uscito dalla tua vita troppe volte, ma tu hai saputo sempre come accogliermi e anche come salutarmi, per farmi ritornare ancora, anche se non ne ero cosciente.
Quando ho deciso di iniziare questa settimana, perché mi mancava qualcosa e speravo che fare il papà per una settimana mi aiutasse a guardare la mia vita dalla giusta prospettiva, non ho fatto i conti con ciò che sei né col valore di quella parolina, piccola e semplice, fatta di due lettere che si ripetono. L’impatto di sentire la vocina di Giorgio chiamarmi papà nel sonno, è stato devastante, ha demolito ogni mia certezza, mi ha ribaltato nella nebbia dei miei dubbi e delle mie paure. Anche  se questa volta sono molto diverse.
Non ho più paura di perdere la mia libertà, ma di deludervi.
Il mio terrore più grande è di leggere negli occhi di Giorgi, fra qualche anno, disprezzo e commiserazione.
Cioè quello che ho visto io allo specchio, quando voi non eravate con me.
Ciò che avresti potuto mostrarmi tu, ma che non hai mai fatto.
La tua generosità mi ha svegliato, mi ha mostrato cosa voglio essere da grande, ma soprattutto che voglio crescere. Qui e ora.
Riflettere su questi giorni insieme mi ha portato a ripensare a ogni frase, ogni gesto, per rileggere da tutte quelle immagini impresse nella mia mente, ciò che sono stato sempre troppo cieco per vedere. Ma che, ora comprendo, è chiarissimo.
Ti amo Giulia.
Sono fiero di come tu abbia saputo educare il nostro bambino da sola. Spero e t’imploro di accogliermi nel vostro abbraccio. Per sempre.
                                                                                                          Biagio

sabato 10 dicembre 2011

Caro amore ti scrivo CARO AMORE... di FEDERICA



 Caro Amore Ti Scrivo ©
di FEDERICA
C'è un amore che mi scalda e mi fa sentire donna e bella. Mi guarda e sono i suoi occhi che parlano e non servirebbero parole per farmi capire che cosa prova. Ma lui mi parla e, con la voce più bella che abbia mai sentito, mi racconta di noi due, della nostra bella favola cominciata con un appuntamento accettato da entrambi con curiosità di scoprire chi eravamo, senza sapere che ci piacevamo così tanto. Ero così imbarazzata, era seduto davanti a me e mi guardava mangiare, io avevo fame e lui no e mi osservava. E pensavo: ecco, lo fa apposta a mettermi a disagio, non dovevo accettare, potevo rinunciare e restavamo unicamente due buoni conoscenti e niente di più, due persone che si incontrano per andare al lavoro come mille altre, si salutano e finisce li.
No, invece, curiosa e schiava del mio istinto devo sempre buttarmi senza ragionare! Ma se eravamo lì non era un caso, ora lo so e mi piace tornare a quel giorno in cui ancora non lo conoscevo bene, a quel primo annusare il profumo della sua persona, per me cosa molto importante che mi fa scegliere qualcuno anche con gli occhi chiusi.
Odorava di arancia, spezie e di bucato; era un alone leggero che percepivo soltanto se mi avvicinavo, e ricordo che lo facevo apposta di sporgermi avanti, oltre il tavolo, per percepirlo ancora, con la scusa di non aver capito bene l'ultima parola.
Che bello averti ancora e so che potrebbe non essere per sempre, ma sei con me ora ed è quello che mi fa vivere bene, sorridere, andare avanti con gioia anche se non tutti i miei giorni sono sereni, è tutto quello che mi basta per sentirmi felice.
 

lunedì 28 novembre 2011

Caro Amore, ti scrivo ©
Di Martina Cimmino


Quel giorno in autobus, in quella città uggiosa, lontana da casa, la pioggia che scorreva sui finestrini mi dava l'idea di essere sott'acqua. E io, presa da amnesia, non riuscivo a nuotare. Non che volessi farlo comunque. Il mio cuore che annegava era un dato di fatto, irrevocabile e non avrei potuto cambiare le cose. Poi, però, tra le ultime bolle d'aria che si affrettavano fuori dai miei polmoni apparve la tua mano che iniziò a spingermi verso la superficie.
"Scusi, signorina, il suo ombrello gocciola sulle mie scarpe". Mi girai per vedere che faccia avesse quella voce calda, intrisa di disappunto. Davanti a me c'era un bell'uomo sulla trentina tipicamente inglese. Il British-good-breeding gene è inconfondibile. Il tuo viso, impassibile di fronte alla mia espressione da italiana bad-tempered quale sono, si aprì in un sorriso dolcissimo.
La tua mano mi ha salvato l'anima. Quell'incontro accidentale fu l'espediente che permise al mio cuore di non trovare sepoltura nel mare della sfiducia. Dopo un attimo di stordimento, durato giusto il tempo di qualche cena fuori, mi concentrai su di te, pronta per darti il meglio di me stessa, senza però rendermi conto di quanto ancora mi pesasse il recente e frustrante tradimento subito. La paura del passato mi impedì di apprezzare il tuo carattere nella sua complessità e fallace perfezione. Ma tu sei sempre stato paziente e hai preso i miei talora algidi atteggiamenti nel modo migliore, con una pazienza e una comprensione che da un uomo non ci si aspetta.
Pochi mesi dopo, quando il mio corso di aggiornamento nella metropoli finì e tu mi riaccompagnasti in Italia, l'aeroporto creò l'atmosfera adatta a ricucire il mio cuore nella sua interezza e mi aprì davanti agli occhi le infinite sfumature della tua personalità, che fino ad allora involontariamente avevo ignorato. Ti baciai e ti abbracciai con una luce nuova negli occhi e ti dissi tutto quello che provavo. Ti feci però anche notare che ormai era tempo di tornare a casa e che le nostre strade si sarebbero divise. Le tue parole di quel momento non le dimenticherò mai. "Il nostro amore è troppo grande per essere distrutto dalle distanze". E fu allora che iniziò il vero viaggio!

                                                                                   

domenica 20 novembre 2011

Caro Amore, ti scrivo. ©
Di Margherita Sgorbissa
Qui è tutto buio, la mia stanza è stretta e la luce del sole è qualcosa che ormai brilla solo nei ricordi.
Mi vengono in mente le piogge dorate di foglie, quando le acacie a ottobre perdevano i loro appassiti gioielli e noi li calpestavamo noncuranti di tutta la sofferenza che dovevano provare, adagiati nella loro decadenza. Poco più in là il lago, immerso in un mesto silenzio, come se il mondo attorno si fosse cristallizzato davanti a noi. Per noi.
Già allora, fra un sussurro e l'altro, senza interrompere il vento nel suo canto autunnale, ti chiedevo di amarmi e lasciarla stare, una volta per tutte. Mi fidavo di te, della tua forza e della tua volontà. Sapevo che c'era qualcosa di più grande dentro di te e dentro di noi, che potesse superare la mediocrità di un vizio, di un effimero piacere. Un piacere che nei tuoi occhi, e poi nei miei, si specchiava subdolo, strisciante, infimo.

Mi ero accorta di voi due quand'era già tardi. C'erano sere in cui ti fermavi fuori fino a tardi, a volte nemmeno tornavi a casa, quelle in cui telefonavo a Luca, a Stefano per sapere se ti eri fermato da loro e mi rispondevano con quelle voci confuse, stordite, imbarazzate.
Tu non riusciresti a capire nemmeno ora tutta la mia frustrazione, la mia rabbia nell'essere lasciata da sola, in quella casa buia, fredda, talmente desolata da sentire i vicini russare nell'altra stanza e pregare che il mattino dopo ti avrei trovato in cucina, almeno sano e salvo.
Ma tu la volevi, la cercavi. La bramavi come fosse la sintesi di un'immensa libidine, come se nell'averla affianco riuscissi a trovare il segreto di questa vita che tu credevi complicata, persino insensata a volte. Me lo dicevi e io stavo lì, pensavo a lei, cercando un modo per eliminarla per sempre dalle nostre vite, dalla tua per primo.

Poi hai cominciato a portarla a casa.
Era lì, nella nostra cucina, inerte, meschina. Dicevi che non sapevi dove portarla, non aveva un posto sicuro dove stare. Sarebbero venuti a prendersela prima o poi, ma chi?
Ti chiudevi nel bagno per ore, mentre io fuori urlavo, piangevo perché sapevo e ti scongiuravo di smetterla.
Tu uscivi con quel sorriso sghembo, rotondo, gli occhi velati da una strana contentezza. Mi faceva vomitare. Sbattevo le porte, spaccavo i bicchieri, perfino ti colpivo il petto con dei pugni rassegnati, deboli, ma tu quell'amore non lo sentivi. Lei lo filtrava altrove, chissà dove. Tu il mio dolore non lo vedevi, i miei occhi stanchi, supplicanti erano un gioco, uno scherzo visivo, un piccolo dettaglio scomodo.
Poi fu il periodo della tua puntualità. Alle nove eri a casa. Anzi, rotolavi a casa. Raccoglievo la tua stanchezza, asciugavo l'orlo della tua bocca sporca di saliva, assecondavo i tuoi deliri. Ti prendevo il colletto della polo con due mani, ti sbattevo la testa contro il tappeto quelle volte in cui facevi perfino fatica a stare seduto e con una collera contrita, ti intimavo di smetterla. Te lo ricordi questo, amore?
Lei doveva uscire dalla tua vita, pensavo, doveva tornare al suo posto, lontano da noi. Ma mi baciavi, tu. Ridevi, tu. Mi amavi, tu? Che stupida, a credere che in quel sesso tossico e ipocrita, si nascondesse la nostra felicità. La nostra forza, la nostra seconda ed ennesima possibilità.

Amore, ti ricordi quando hai cominciato a chiedermi di giocare con voi? Una cosa a tre! Che bellezza ti doveva sembrare, quella di me assieme a lei, una dentro l'altra, vicine, in un'estasi eccitante, in cui ci saremmo potuti perdere assieme, nel vorticare di una totale assenza di sensi, di realtà, di vita.
Perdonami per quello schiaffo, avrei potuto risparmiare le mie energie per dopo. Perdonami anche per averla presa e sbattuta fuori di casa, con violenza. Non avrei voluto farti arrabbiare, darti la pena ti prendermi le braccia, scuoterle con forza, sbattermi a terra, minacciarmi con i tuoi pugni ad un centimetro dal viso. Perdonami, amore, per quell'ulteriore seccatura. Ora ammetto che me la sarei potuta risparmiare. Per dopo.

Quel giorno arrivasti a casa. Avevi la pazzia che balenava negli occhi sgranati. Ti passavi una mano sotto il naso, ogni dieci secondi, istericamente. Sei entrato a casa urlando il mio nome, prendendo la tovaglia con il mio piatto e il mio bicchiere ancora sopra e hai spaccato tutto a terra. Hai rovesciato le sedie, gettato a terra la borsa, la pianta di mia madre, le pentole sui fornelli. Hai spalancato il frigo, amore. Hai persino mandato in frantumi la nostra foto della Spagna. Amore.
Hai fatto un buco con un pugno contro la porta che avevo decorato per te. Sei salito lungo le scale e il mio cuore batteva all'impazzata, amore, perché da come stavi sbraitando lei era sparita, qualcuno te l'aveva portata via. O forse qualcuno ti aveva scoperto con lei, amore? Qualcuno aveva preso i vostri nomi e li aveva inseriti assieme in un registro inopportuno?
Dal tuo farfugliare non capivo niente, da quella nausea che stava sconvolgendo i miei sensi non capivo niente. Tenevo le mani strette sul ventre, perché là dentro sentivo qualcuno agitarsi, forse anche lui aveva sentito qualcosa.
Ero incinta, ma tu non lo sapevi ancora, amore. Perché tutte le volte che avrei voluto dirtelo, lei era con te, dentro di te, nel tuo sangue, nelle tue vene, nel tuo cervello, nel tuo cuore, nei tuoi occhi ormai inumani, irrazionali, assopiti da qualcosa di più grande, più devastante di quell'amore che mi avevi dimenticato, per poi scomparire nel suo oblio.
Avevi una sedia in mano, alzata a mezz'aria, traballante verso di me.
E io lo sapevo che mi avresti dato la colpa se lei se n'era andata. Era colpa mia, io te l'avevo portata via. Il male ero io, la fine ero io, la colpa ero io.
Ma era troppo.

Non volevo premere il grilletto, amore, te lo giuro. Non volevo che quel piccolo proiettile ti perforasse la fronte, non volevo vederti immobilizzare da un colpo così netto. Io ti amavo, ti ho amato in tutto questo lungo e drogato tradimento. Ti ho offerto il mio aiuto, il mio sostegno, la mia presenza. Persino tuo figlio era lì in grembo con me, per te.
Ma tu volevi uccidermi per lei, per quella polvere bianca che ti entrava dal naso e poi nelle vene, nel cervello, nel sangue, nel cuore, togliendo il mio spazio, togliendo l'ossigeno della ragione, dell'amore, spezzando via il profumo delle acacie dorate, il canto del vento mite, il silenzio del lago, in tutta la sua bellezza.
Ti avevano scoperto, te l'avevano portata via, la cocaina.
Eri spacciato, da lei, per lei, con lei.
Ti aveva distrutto. Ti eri distrutto.

Caro Amore,
ti scrivo. Qui nella mia cella è tutto buio, la mia stanza è stretta e la luce del sole è qualcosa che ormai brilla solo nei ricordi.
Fra tre mesi mi porteranno all'ospedale, darò alla luce Francesco e attuerò le pratiche per l'adozione.
Se tutto va bene, il giudice mi riconoscerà l'instabilità mentale e potrò uscire da qui.
Villa Santa Chiara è già pronta per accogliermi, con le sue terapie di recupero, le pillole, la calma. La vita. L'amore? Chissà.

Che Dio ti abbia in gloria amore mio, ora che lei se n'è andata e tu con lei, il Sole nuovo che vedrò all'uscita da qui sarà il più bello di sempre.
Ti amerò per sempre,

 Tua Serena.