domenica 11 dicembre 2011

Caro amore ti scrivo...

Alla ricerca del perduto coraggio ©
di Libera Schiano Lomoriello

Carissima Giordana,
sono il solito vuoto a perdere, lo sai, che non trova il coraggio di parlarti a cuore aperto. E allora … ecco, ti scrivo. Così potrò dirti tutto ciò che provo e soprattutto dirlo a me stesso, senza il tuo sorriso che mi perdona.
Ma come fai a essere amica di uno sciagurato come me?
Non c’è un’altra, non c’è mai stata, so che lo sai, ma ho bisogno di dirtelo.
È solo la mia immaturità a impedire che i miei sentimenti siano onorevoli.
No tesoro, lasciamelo dire e non scuotere la testa, ho approfittato troppe volte della tua dolce amicizia per non esserne consapevole: non ti ho mai detto ti amo perché probabilmente non so amare neppure me stesso.
Quando cinque anni fa mi hai dato la notizia più bella che un uomo possa mai attendere, non ho saputo apprezzarla e sono scappato, ma questa settimana vissuta insieme mi ha rivelato davvero tutto ciò che mi ero perso. Più di tutti i week-end, i viaggi e le vacanze fatte insieme.
Vivere come una famiglia mi ha dimostrato che lo siamo, anche se l’ho sempre negato, fedeltà sentimentale e sessuale compresa. Me tapino quanto sono stupido!
Svegliarmi con un raggio di sole che illuminava i riccioli biondi tuoi e di Giorgio è stato tanto emozionante che una lacrima solleticava le mie ciglia. Se nostro figlio non avesse scelto proprio quell’attimo per scalciare e farmi piangere dal dolore, mi sarei commosso.
So che ami il mio spirito scanzonato, che ti faccio ridere e divertire, ma sei tu la luce che illumina i colori dei miei pensieri.
Da quando è iniziata, questa settimana speciale, ho deciso di chiudere le mie solite fisime in un cassetto, che non avrei riaperto fino alla fine. Volevo godermi ogni attimo senza pregiudizi, assaporando la gioia di imparare a conoscervi, come voi dimostrate di comprendere me, da sempre.
Come ben sai però, io non sono capace di vivere senza pensare, analizzare e cercare risposte. A volte anche senza le domande. Figurati in questo caso, quando ogni gesto, ogni sensazione è un nuovo dubbio per me.
Lasciandomi guidare dalle sensazioni, non pensando a responsabilità e vincoli, mi sono accorto che mi piaceva addormentarmi accanto al tuo sorriso. Svegliarmi al suono squillante delle risate di Giorgio. Fare colazione insieme, rilassati, senza preoccuparmi di lasciarvi avvicinare troppo.
E così ho imparato tante cose che ignoravo: che ti piacciono i cornetti miele e cereali, mentre Giorgio ama quelli alla crema e non al cioccolato come tutti i bimbi; che ridere insieme di fronte a una marachella del piccolo illumina il tuo sguardo più di un orgasmo simultaneo; che l’amore non è perdere la propria libertà, ma arricchirsi di mille nuove sensazioni condivise.
Non riuscire a leggere il tuo sguardo mi ha sempre fatto infuriare, convinto che tu cercassi ogni volta un modo per raggirarmi e “convertirmi” al matrimonio. In fondo quest’amicizia velata di passione mi ha sempre soddisfatto da ogni punto di vista, modificarla per me era come perderla.
Invece ora so che ho perso tantissimo, tutte le notti lontane da te, le sere senza i rassicuranti silenzi sul divano, i pomeriggi scevri delle scorribande di Giorgio al parco, i pranzi poveri di calore umano, i risvegli assonnati orfani del tuo sorriso e dei suoi abbracci.
Consapevole che tu sai leggermi dentro molto meglio di quanto riesca io stesso, avrei voluto parlarti di queste sensazioni, per farmi spiegare da te cosa significano e che scelte mi restano per poter essere felice.
Sono entrato e uscito dalla tua vita troppe volte, ma tu hai saputo sempre come accogliermi e anche come salutarmi, per farmi ritornare ancora, anche se non ne ero cosciente.
Quando ho deciso di iniziare questa settimana, perché mi mancava qualcosa e speravo che fare il papà per una settimana mi aiutasse a guardare la mia vita dalla giusta prospettiva, non ho fatto i conti con ciò che sei né col valore di quella parolina, piccola e semplice, fatta di due lettere che si ripetono. L’impatto di sentire la vocina di Giorgio chiamarmi papà nel sonno, è stato devastante, ha demolito ogni mia certezza, mi ha ribaltato nella nebbia dei miei dubbi e delle mie paure. Anche  se questa volta sono molto diverse.
Non ho più paura di perdere la mia libertà, ma di deludervi.
Il mio terrore più grande è di leggere negli occhi di Giorgi, fra qualche anno, disprezzo e commiserazione.
Cioè quello che ho visto io allo specchio, quando voi non eravate con me.
Ciò che avresti potuto mostrarmi tu, ma che non hai mai fatto.
La tua generosità mi ha svegliato, mi ha mostrato cosa voglio essere da grande, ma soprattutto che voglio crescere. Qui e ora.
Riflettere su questi giorni insieme mi ha portato a ripensare a ogni frase, ogni gesto, per rileggere da tutte quelle immagini impresse nella mia mente, ciò che sono stato sempre troppo cieco per vedere. Ma che, ora comprendo, è chiarissimo.
Ti amo Giulia.
Sono fiero di come tu abbia saputo educare il nostro bambino da sola. Spero e t’imploro di accogliermi nel vostro abbraccio. Per sempre.
                                                                                                          Biagio

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