venerdì 18 novembre 2011


Caro amore, ti scrivo 
Di Giulia Ambrosini

Pensare a quale può essere stata la tua reazione, quando sei tornato dal lavoro e hai trovato il biglietto che ti ho lasciato, mi distrugge. Chissà se hai pianto... no, non può essere. Tu sei così forte, sei così impassibile. Piuttosto, ti sei arrabbiato tantissimo e non hai voglia di rivedermi in questo momento; beh, non mi vedrai più.
Ti scrivo questo altro biglietto, voglio che tu sappia tutto.
Inizio con il dirti che non te lo meriti, amore mio. Non mi hai mai fatta soffrire; sei un uomo meraviglioso, un marito perfetto. Entrambi ci siamo sempre sacrificati per realizzare il nostro sogno di avere una vita serena, dal giorno in cui è nato il nostro amore.
Lavoravamo da mattina a sera, riuscivamo a vederci solo a cena; io, poi, sparecchiavo la tavola mentre tu guardavi la televisione. Ti sarà sembrato che ti stessi ignorando, amore mio, ma tra un piatto e l'altro rivolgevo sempre per qualche istante uno sguardo al tuo viso. Ho sempre adorato l'espressività che lo caratterizza; si capisce subito quando ti viene da ridere, quando ti stai innervosendo o quando sei annoiato. Quando concludevo la pulizia della cucina, mi sedevo accanto a te, senza che tu mi dicessi qualcosa. Ma io so, grazie al tuo viso intenso, che ti emozionava avermi accanto a te. Ogni tanto mi accarezzavi le spalle, come per massaggiarmi, e io ho sempre provato un brivido lungo la schiena. Fra di noi c'è sempre stata della timidezza, ma riusciamo a capirci anche solo con lo sguardo, vero amore mio?
Stanchi della giornata, ci mettevamo a letto abbastanza presto. La notte accanto a te, ad ascoltare il tuo respiro e ad abbracciarti sotto le coperte, è sempre durata troppo poco. Appena andavi a lavoro, io mi spostavo al tuo posto, per sentire sulle lenzuola il tuo calore e il tuo profumo.
Come adesso sai, sono anch'io romantica; ma, con il passare degli anni, ho perso la bravura che avevo nel mostrarti ciò che provo. La passione però è sempre rimasta, amore mio.
Ti ricordi il nostro primo appuntamento? Avevamo vent'anni, a quei tempi ero molto più sentimentale. Prendemmo un traghetto per andare a Venezia, così, per trascorrere qualche ora speciale: l'idea fu mia. Lo feci apposta, mi sembrò romantico. Mentre avanzavamo sul mare, notasti che tenevo nella mia borsa “1984”, il romanzo di Orwell: mi dicesti che era uno dei tuoi libri preferiti, allora io lo sfogliai per trovare le pagine che riguardano il primo incontro tra Winston e Julia e te ne lessi un pezzo. Il sorriso che nacque sul tuo volto fu straordinario.
Ricordo così tanti giorni felici, amore mio. Ne ricordo anche uno terribile: quello in cui mi dissero che ho il cancro. Lo seppi prima di te e crollai a piangere: ero triste, ma non per me stessa, ero triste per te, perché non avrei mai voluto lasciarti solo. Ebbi talmente tanta vergogna da chiedere a tua madre di dirtelo al posto mio. Non ho mai voluto parlarne con te, non volevo ammettere che il tempo che avevamo ancora a disposizione per stare insieme stava amaramente finendo. Tornai a casa solo dopo essermi accertata che tua madre ti avesse già dato la notizia; lo sguardo che tu mi rivolgesti è la cosa più triste che è capitata nella mia breve vita, amore mio. Mi ricordo anche quando, poche settimane fa, mi hai abbracciata: quando hai disciolto le braccia, hai mostrato un'espressione di disprezzo verso il mio corpo, diventato mestamente magro.
Non sopporto tutto questo, io voglio la felicità sul tuo volto. Non voglio arrivare a quel giorno in cui ti diranno che sono morta, non riesco ad aspettare con questa angoscia inesorabile. Voglio morire adesso e, stavolta, voglio essere io a darti la notizia.

Addio amore mio, ti amo e ti ho sempre amato.

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